(segue dal secondo capitolo: Esodo)
Libro III: Levitico
I nostri simpatici amici, gli Ebrei, hanno dunque salvato le proprie mediorientali chiappe dalle grinfie degli Egiziani. In realtà i guai sono appena cominciati, visto che il loro liberatore è un "Dio geloso" (Esodo 20, 5) che come tutti i gelosi patologici soffre di un grave disturbo di dipendenza affettiva: da qui alla fine del Vecchio Testamento non farà altro che alternare sfuriate e riconciliazioni, sadiche punizioni per la recidiva tendenza idolatrica del popolo eletto e nuovi definitivi patti d'alleanza. Il Levitico, in parole povere, costituisce l'alibi con cui il Creatore si prepara alle future persecuzioni.
La prima parte, per la verità poco interessante, descrive i cerimoniali delle offerte a Dio, i riti espiatorî per il peccato, la destinazione dell'Otto per mille: "Darete pure in tributo al sacerdote la coscia destra delle vittime dei vostri sacrifici pacifici" (7, 32). La seconda parte affronta il difficile tema della vocazione, risolvendolo alla bell'e meglio con l'ereditarietà della carica sacerdotale, destinata alla sola discendenza maschile del gran sacerdote Aronne - quello del vitello d'oro, esatto.
La terza parte è piuttosto spassosa: so che può suonare irriverente, come premessa, ma non saprei definire altrimenti una serie di norme di galateo alimentare volte a catalogare gli animali in puri ed impuri (sarà Gesù in persona a trollare sulla questione, in Marco 7, 19: "Non comprendete come tutto quel che entra dal di fuori dell'uomo non può contaminarlo; perché ciò non gli entra nel cuore, ma nel ventre, e se ne va nel cesso?"). Scopriamo così che è lecito mangiare "ogni animale che ha il piede forcuto, l'unghia spaccata e rumina" (11, 3). Ma attenzione ai false friends: il cammello e l'irace ruminano, ma non hanno l'unghia fessa; "la lepre, pur dando l'impressione di ruminare, non ha però l'unghia fessa" (11, 6); e non parliamo del porco, che ha avuto la sua vendetta solo con la fioritura del moderno linguaggio iconoclasta.
Fra gli animali d'acqua è lecito mangiare "tutti quelli che hanno pinne e scaglie, sia nel mare che nei fiumi" (11, 9); ma tutti gli altri "dovete abominarli, non mangiare le loro carni e avere a schifo i loro corpi morti" (11, 11) - se possibile, accompagnando il moto del cuore ad un'espressione facciale di conveniente disgusto.
Nel caso degli uccelli non esiste una vera e propria tassonomia, ma solo un elenco di bestie abominevoli: dall'aquila al... pipistrello.
Ancora, gli insetti: "Sia per voi abominevole ogni insetto alato, che cammina con quattro piedi. Ma fra tutti gli insetti alati e che camminano con quattro piedi, voi potete mangiare quelli che sopra i piedi hanno due zampe da poter saltare sopra la terra" (11, 20). Mmm, ho già l'acquolina in bocca.
Infine, abbiamo raccomandazioni che riguardano tutti i quadrupedi "che camminano sulle piante dei piedi" (11, 27): ecco perché il gatto e il cane vengono considerati tutt'oggi i più impuri amici dell'uomo. Menzione d'onore per gli animali "che corrono rasenti al suolo" (11, 29). Ciascuna di queste creature, morta, rende impuro fino alla sera chiunque la tocchi (cheat: se la tocchi di sera Dio va in crash), e rende altresì impuro qualunque oggetto con cui entri in contatto: cibo, bevande, fornelli, tutto dev'essere distrutto. "Però una sorgente o un pozzo, essendo riserve d'acqua, saranno pure" (11, 36) ché, insomma, va bene essere fanatici ma aspetta un attimo: viviamo pur sempre in un deserto di merda.
Dopo gli animali è quasi inevitabile trattare uno degli oggetti di discriminazione preferiti dalle religioni di tutti i tempi: la donna. Qui la matematica non lascia spazio a troppe sottigliezze: "Quando una donna sarà rimasta incinta e avrà dato alla luce un maschio, sarà impura per sette giorni" e, dopo la circoncisione di questo, "resterà ancora altri trentatré giorni ritirata" (12, 2-4). "Se invece dà alla luce una bambina, sarà impura per due settimane [...] e resterà per altri sessantasei giorni ritirata" (12, 5). Per fugare ogni sospetto d'iniquità, il brillante curatore della mia Bibbia spiega: "L'immondezza della donna dopo aver dato alla luce una bambina era duplicata, sia perché si riteneva che avesse bisogno di un tempo maggiore per ristabilirsi (?), sia per avuto la parte più grande nel peccato originale." Certo, quella che oggi chiameremmo: circonvenzione d'incapace.
Dopo le donne si passa alle norme igieniche volte a prevenire la diffusione della lebbra. Non senza mostrare una certa empatia, Dio raccomanda a Mosè che "il lebbroso, infetto di tal piaga, porti le vesti sdrucite, il capo scoperto, si veli il labbro superiore e vada gridando: 'Impuro, impuro!'" (13, 45).
Oltre che per il divieto di mangiar gamberetti, il Levitico è noto al grande pubblico per aver innalzato l'omofobia a virtù: "Se un uomo giace con un altro uomo come si fa con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole: siano messi a morte, e il loro sangue ricada sopra di loro" (20, 13).
L'imparzialità è una caratteristica costante della legge divina; a seguire, leggiamo anche che "se uno prende in moglie tanto la figlia che la madre, è un delitto: siano gettati a bruciare nel fuoco lui e loro, affinché non ci sia delitto così grave in mezzo a voi" (20, 14). Occhio non vede, cuore non duole. E "chiunque si congiunge con una bestia, sia messo a morte; anche la bestia si uccida" (20, 15), quella scostumata.
L'ossessione per l'omogeneità etnica che da sempre caratterizza gli Ebrei, e che si manifesta sovente nel massacrare intere popolazioni come se non ci fosse un domani, incontra talvolta espressioni meno cruente: per esempio nel non far accoppiare bestie di razza diversa, nell'evitare di seminare nello stesso campo specie di semi differenti, nel divieto divino d'indossare vesti intessute con due qualità di filo (19, 19). La rovina dei cinesi.
L'aspirante alla strada della santità tenga infine presente che il Signore ha le idee piuttosto chiare anche per quanto riguarda le tendenze del look e della body modification: "Non vi tagliate in tondo i capelli ai lati della testa, e non vi radete i lati della barba. Non vi praticate incisioni sulla carne, per un morto, e non vi fate tatuaggi sulla pelle" (19, 27-28). Sembra che l'originale ebraico, purtroppo perduto, inveisse anche contro le lenti a contatto colorate.
Insomma: precetti di grandi umanità, quelli del libro dei libri, che non cessano mai d'essere attuali.
I sacerdoti potevano ancora, all'epoca di Mosè, sposarsi; purché non prendessero in moglie "una meretrice, né una donna disonorata, né una ripudiata dal suo marito" (21, 7). Loro stessi, per par condicio, erano tenuti ad una certa presenza fisica: "Nessun uomo difettoso deve prestar servizio davanti a Dio: né un guercio, né uno zoppo, né un mutilato, né chi abbia un'escrescenza, o una storpiatura ai piedi o alle mani, un gobbo, un nano, uno affetto da albugine, o da scabbia, o da erpete, o da ernia" (21, 17-20). D'altra parte quando si parla di bellezza Dio non sente seghe, è vietato anche offrirgli animali che abbiano "i testicoli schiacciati, infranti, strappati o recisi" (22, 24).
Il Levitico si chiude allegramente con un'ultima sciorinata di precetti, promesse e minacce che vanno dalla lapidazione dei bestemmiatori (24, 14-16), all'istituzione degli anni sabbatici e giubilari. Molto carino il fatto che le terre non potessero essere vendute per sempre, ma venissero riscattate ogni sette anni ("perché la terra è mia, e voi siete presso di me soltanto come forestieri e ospiti", dice Dio in 25, 23), mentre gli schiavi fossero di proprietà perpetua e persino soggetti a passare in eredità (25, 45-46). Con questo non s'intende certo considerare gli esseri umani alla stregua di merce, Dio ci scampi; il tariffario per le persone votate alla consacrazione al Santuario si trova infatti poco più avanti: "Cinquanta sicli d'argento, in base al siclo del Santuario, per l'uomo dai venti ai sessant'anni; e trenta sicli per una donna. Se è una persona dai cinque ai vent'anni, la tua stima sarà di cinque sicli per il maschio e tre per la femmina. Se va da un mese a cinque anni, la tua stima sarà di cinque sicli per il maschio e tre per la femmina. E se la persona conta dai sessant'anni in su, la tua stima sarà di quindici sicli per il maschio e dieci per la femmina" (27, 3-7).
(continua)
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