sabato 12 marzo 2011
Tra il bene e il male c'è di mezzo il mare.
Bene, male: non è questo il punto.
Ho trentatré anni, l'età in cui si è pronti - volendo - anche per diventare dei messia; figuriamoci se non sono in grado di discernere tra un disegno fatto bene ed uno fatto male. Sono abbastanza intelligente, aggiungerei, persino per discernere tra un disegnatore di talento e uno... di nessun talento.
Ma non è questo il punto, dicevo.
Il punto è disegnare, fuori da ogni retorica: mi riferisco al meccanico procedimento con cui s'inseguono le idee sulla carta, al gesto di tirar linee ed indugiare in nere macchie, che tanto è familiare a chi disegna da non meritare alcuna riflessione. La nuda astrazione del disegno, tanto più libera quanto più dimentica della mano che esegue (e specialmente del cervello che, all'altra estremità del filo, tutto silenziosamente manovra) è in sé lo scopo - oltre che il mezzo - di questa egoistica fuga dal tempo presente. Il quale, per sua stessa natura alieno e odioso, altro non è che il necessario approdo tra un viaggio e il successivo.
Gli antichi chiamavano tutto questo: fanculo.
Ed io credo che avessero ragione.
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